La storia e le leggende
I suoi nomi antichi sono Meligunìs (nome di una ninfa greca
l’etimologia del cui nome è “miele”) e Lipàra
(dal mitico re Liparo). E’ la più grande delle isole e fu ininterrottamente
abitata a partire dal Neolitico Medio, cioè dagli inizi del IV millennio,
da genti che provenivano dalla Sicilia e che trovarono nelle isole la ricchezza
dell’ossidiana.
Questo vetro vulcanico effusivo, che non viene prodotto da tutti i vulcani,
determinò lo sviluppo straordinario della civiltà neolitica.
Essa veniva utilizzata per arnesi taglientissimi e assai richiesti, pregiata
merce di scambio. Resti di ossidiana di Lipari, infatti, sono stati rinvenuti
in Sicilia, in varie zone dell’Italia meridionale, e persino nel sud
della Francia e lungo le coste della Dalmazia.
Un altro prodotto vulcanico impiegato fin dalla
preistoria come abrasivo per rifinire gli utensili è la pomice.
Il periodo della Preistoria più antica, con la sua intensa vitalità, è documentata
a Lipari con i rinvenimenti dell’altopiano
del Castellaro Vecchio, prima ancora che nuclei abitativi si
insediassero sulla rocca
del Castello, circa all’inizio del IV millennio. Al culmine
dell’espansione preistorica, abitazioni costituite da capanne di tronchi
e stoppie costruite su massicciato pietroso, sorgono numerose anche ai piedi
della rocca, nella indifesa e fertile contrada
di Diana. Questo villaggio superò per estensione ed importanza
anche quello del Castello. Una ricca documentazione del livello di questi
insediamenti primitivi sono presenti nel Museo
Archeologico Eoliano “L.Barnabò Brea” di
Lipari.
All’inizio dell’età del Bronzo
(fine III millennio), giungono nell’arcipelago nuovi gruppi
etnici che attuano strette relazioni con genti
micenee di stirpe eolica dalle quali le isole conservano
ancora il nome che deriva dalla mitica figura del dio
Eolo. Anche di questa cultura che prende il nome di Capo
Graziano, è ampiamente documentata dai reperti
conservati al Museo Archeologico Eoliano “L.Barnabò Brea” di
Lipari, specie raffinato vasellame in ceramica dipinta prodotto
in Grecia.
Attorno al 2350 a.C., forse in relazione con la
scoperta della fusione del rame, la civiltà legata alla
lavorazione dell’ossidiana ha un collasso che rallenta la
crescita culturale del popolo fino all’inizio del II millennio.
Nel corso del XIII secolo giungono dalla Campania gli Ausoni,
comandate dal loro re
Liparo il cui nome resta nel toponimo di Lipari. Questa
civiltà, diffusa nell’Italia centro meridionale produce nuove
forme vascolari.
Alla fine del X secolo a.C. la civiltà delle
isole decade nuovamente, probabilmente a causa di lotte per la
supremazia marittima della zona e bisogna giungere all’inizio
del VI secolo a.C. per vedere ripopolarsi l’isola. Ciò è dovuto
alla colonizzazione dei Dori che
ebbe luogo nel corso della 50° Olimpiade (580-576 a.C.). I
nuovi abitanti dell’isola dovettero difendersi dalle incursioni
etrusche ma riuscirono tuttavia a mantenere l’egemonia marittima
del basso Tirreno. Una nuova cinta
muraria venne costruita attorno a Lipari tra il V
e IV secolo dai greci. Altri rinvenimenti mostrano l’alto
livello di civiltà raggiunto in questo periodo: il
bothros di Eolo, i vasi attribuiti al “ Pittore
di Lipari”. Altri importantissimi ritrovamenti
databili agli ultimi decenni del IV e prima metà del II
secolo a.C., provenienti dalla necropoli in contrada Diana, sono
le terrecotte
sacrali, e quelle a soggetto
teatrale. Nel 427 a.C., nel corso della prima spedizione
ateniese in Sicilia, i liparoti si allearono ai Siracusani, anch’essi
di origine dorica.
Alla fine del V secolo a.C., sempre alleata di Siracusa,
Lipari si trovò a combattere contro la spedizione cartaginese
guidata da Imilcone (408-406 a.C.), tenendo testa alle truppe di
Cartagine fino allo scoppio della prima guerra punica tra Roma
e Cartagine. (264 a.C.). La sua posizione strategica rendeva l’isola
un importante presidio punico che nemmeno l’attacco romano
del console Cornelio Scipione, bloccato da Annibale nel 262 a.C.,
riuscì a sconfiggere.
La metà del III secolo a.C. segna la conquista
di Lipari da parte dei romani (252 a.C.). La perdita dell’autonomia
dell’isola dette origine ad un periodo di decadenza, sebbene
qualche benessere economico continuasse ancora a derivare dall’estrazione
dell’ allume che
si praticava nella vicina isola di Vulcano, e dallo sfruttamento
terapeutico delle acque termali sia
di Lipari che di Vulcano.
Nel periodo romano repubblicano , specie nel corso
della guerra civile tra Ottaviano e Pompeo, Lipari ebbe grande
importanza strategica. Pompeo la dotò di fortificazioni
che tuttavia non riuscirono ad evitare la conquista dell’isola
da parte delle truppe di Ottaviano. Nel 36 a.C.. Lipari, assieme
a Vulcano, divenne avamposto per la flotta che si preparava alla
battaglia navale di Milazzo e il successivo sbarco in Sicilia.
Tali vicende ebbero come conseguenza un nuovo periodo di devastazioni che
lasciarono Lipari nello stato giuridico di municipium, definita da Plinio
oppidum civium romanorum.
Dell’età romana imperiale ( I-IV secolo
d.C.) non abbiamo molte notizie, a parte il costante sfruttamento
delle acque termali e l’utilizzo dell’isola come luogo
di esilio e di confino per
i nemici politici.
Le notizie riprendono in epoca cristiana, a partire
dal IV secolo, quando Lipari diviene sede vescovile in virtù del
fatto che vi erano conservate le reliquie di S.
Bartolomeo.
Nel VI secolo, 535 c, La Sicilia si sottomise all’imperatore d’Oriente
Giustiniano il cui dominio si protrasse per tre secoli, dando origine ad
un periodo di decadenza delle isole.
Nel corso di questo Alto Medioevo ebbe luogo il
risveglio dell’attività vulcanica: si aprì un
nuovo cratere a monte Pelato con
nuove emissioni di pomice e alla Pirrera con
colate di ossidiana.
Per tutto il VII e VIII secolo le isole sono sconvolte da incursioni dei
musulmani: nell’827 quasi tutta la Sicilia era, infatti, nelle mani
degli Arabi e nel 839 un’ultima scorreria sanguinosissima e devastatrice
distrusse definitivamente l’arcipelago rendendovi assai difficili le
condizioni di vita fino all’arrivo dei Normanni, nell’XI secolo.
Nel 1061 l’emiro arabo di Siracusa, in lite con il proprio cognato,
chiamò in aiuto i Normanni stanziati in Calabria, i quali giunsero
guidati da Roberto il Guiscardo e dal fratello di lui Ruggero. Nel giro di
una decina d’anni i Normanni portarono a termine la liberazione della
Sicilia dagli Arabi e la sua unificazione (1072).
Nel 1083 Ruggero insediò a Lipari un nucleo di benedettini guidati
dall’abate Ambrogio. Questi monaci costruirono sull’acropoli
devastata un monastero con
chiostro attorno al quale si raccolsero i pochi abitanti dando luogo ad una
nuova rinascita dell’isola.
Nel 1131 venne ricostruita la sede vescovile unita
a quella di Patti.
Nel XIII secolo Carlo d’Angiò è il nuovo re di Sicilia
ma il tormentato dominio francese nell’Italia meridionale non coinvolge
in modo sostanziale le Eolie che rimangono al margine degli eventi anche
durante il domino aragonese.
Nel 1340 Lipari venne riconquistata da Roberto I d’Angiò, re
di Napoli e da quel momento la storia dell’arcipelago rimane legata
alle vicende storiche del regno di Napoli.
Da
poi la ruina. Nel 1544 l’isola venne
assediata e saccheggiata dal corsaro Ariadeno
Barbarossa che fece schiavi gli abitanti profanò nuovamente
le spoglie di S.Bartolomeo e distrusse nell’isola tutto
quanto non poteva essere asportato, inclusa la poderosa cittadella.
Dopo questo tragico evento, l’imperatore Carlo
V, assieme al papa Paolo III, iniziò immediatamente la ricostruzione
e il ripopolamento dell’isola e il Castello venne dotato
di mura più poderose.
Nel 1571 venne costituita un’armata navale internazionale al comando
di don Giovanni d’Austria, figlio di Carlo V, per liberare il Mediterraneo
dai corsari turchi. La cattura delle prime navi corsare fu segnalata dal
Monte Guardia di Lipari e, in quello stesso anno l’armata cristiana
sconfisse quella turca nella famosa battaglia
di Lepanto
Il XVII fu un secolo drammatico: Lipari seguiva
le vicende e subiva le conseguenze del disfacimento del regno di
Spagna; era stretta dai morsi della fame e aveva il ruolo di base
navale per gli spagnoli contro gli attacchi dei nemici francesi.
Tuttavia l’isola venne risparmiata almeno dall’ultima
calamità del secolo: il 9 gennaio 1693 un violento terremoto
distrusse Catania, Augusta, Siracusa, Ragusa e Messina. A Lipari,
malgrado le forti scosse, non si verificarono i disastri delle
altre città.
Nel 1700 la morte di Carlo II di Spagna determinò il
passaggio della corona a Filippo V di Borbone, nipote del re di
Francia Luigi XIV e la Sicilia passò sotto la dominazione
francese. Successivamente tolta ai Borboni (con la pace di Utrecht)
venne offerta a Vittorio Amedeo II di Savoia che, dopo 7 anni la
barattò con Carlo VI d’Austria in cambio della Sardegna.
Il secolo fu dominato, inoltre, dalla continua tensione tra il
papa e i vari re di Sicilia.
Delle vicende risorgimentali fino all’unità d’Italia
Lipari e tutto l’arcipelago non ebbero nulla da guadagnare
né, forse, da perdere, tranne che per il fatto che subito
dopo l’unità, divennero con altre isole del meridione
luogo di domicilio
coatto per i delinquenti comuni che vi vivevano in
condizioni disastrose. Dal 1894, poi, a questi si aggiunsero anche
esiliati politici e anarchici.
Una delle poche presenze straniere gradite del 1800 fu quella dell’arciduca Luigi
Salvatore d’Austria che, dal 1893 al 1896, scrisse e pubblicò otto
volumi sulle Isole Eolie, dal titolo Die Liparischen
Inseln. Il suo studio comprende una Parte Generale, dove viene
descritta la tradizione dei mestieri dell’arcipelago: dalla sericultura
all’agricultura, all’apicultura, all’allevamento, alla
caccia e pesca; largo spazio è dedicato anche alla navigazione e alla
cantieristica navale al lavoro delle cave, al commercio e anche ad osservazioni
di carattere climatiche e alla metereologia locale. Gli altri sette volumi
sono dedicati, ciascuno a un’isola.