Filicudi, l'antica Phoenicusa, è così chiamata
per la sua vegetazione di felci che, specialmente nell'antichità,
era molto abbondante.
L'isola, a forma leggermente ovale con un'appendice a Sud-Est costituita
dalla penisola di capo Graziano (m
174), risulta costituita dai prodotti di sei centri eruttivi riconoscibili.
Il più antico dovette essere situato nel tratto di mare prospiciente
la costa in località Fili di Sciacca. La struttura più estesa
e più antica è la Fossa
delle Felci e il più recente la Montagnola.
La vetta di Filicudi porta lo stesso nome di quella di Salina: Fossa
delle Felci(m 774). Le cime minori sono dette: la Montagnola
(m 383) e il Terrione (m 278). Tutte e tre un giorno furono sedi di vulcani.
Le pendici e le falde dell'isola sono, in gran parte, ripide e rocciose.
Le case sono raggruppate attorno al porto Pecorini e,
soprattutto, a Valdichiesa,
dove sorge la chiesa di Santo Stefano. Le coste di Filicudi presentano bellezze
non comuni. Declivi formati da terrazze rivestite di boschi di ginestre e
digradanti verso il mare, si alternano a strette valli, a dirupate scogliere
e a coste ora severe, ora ridenti. Qua e là si ammirano profonde grotte
come quella del Maccatore, di San Bartolomeo, del Perciato ("forato")
e del Bue Marino ("foca"),
che è la più famosa e si presenta con un'entrata a ogiva, con
un caratteristico atrio e con una cavità molto ampia.
Nei paraggi della costa occidentale dell'isola si profilano gli scogli di
Montenassari, del Mitra, del Notaro e quello denominato la
Canna, alto 71 m. Interessante era la pesca del corallo che
veniva praticata nei pressi della Canna.
Ancora oggi viene effettuata rare volte la pesca delle spugne. Il mare circostante
l'isola è molto ricco di fauna ittica.
A Filicudi, dal punto di vista paleontologico, è molto interessante
il promontorio di capo Graziano perché sede
di villaggi preistorici risalenti all'età del Bronzo. Un primo abitato
molto vasto, ma del quale sono state scavate sinora solo poche capanne ovali,
si estende sul Piano del Porto sulla
costa meridionale dell'istmo che congiunge la Montagnola al capo
Graziano in località Filo Braccio e nei pressi della
casa Lopez (può essere attribuito ai secoli XIX - XVIII a.C.). Un
altro più ampio abitato, successivo al precedente, si estende sull'altura
della Montagnola di capo Graziano.
Gli scavi condotti negli ultimi anni hanno messo in luce una trentina di
capanne ovali su una terrazza alla quota di m 100 s.l.m. il villaggio peraltro
doveva estendersi anche sugli altipiani sovrastanti fino alla vetta della
Montagnola. È probabile che l'abitato si sia spostato in posizione
dominante e facilmente difendibile in seguito al venir meno delle condizioni
di sicurezza e di tranquillità che avevano consentito lo sviluppo
del villaggio della piana sottostante. Nelle capanne della Montagnola sono
stati trovati, insieme a ceramiche di produzione indigena, anche numerosi
frammenti di ceramiche che provano rapporti commerciali con l'Egeo fra il
XVI e il XIII secolo a.C. Le capanne mostrano evidenti testimonianze della
sovrapposizione delle due culture della prima e media età del Bronzo.
Il villaggio ha probabilmente cessato di esistere in seguito a una distruzione
violenta nel corso del XIII secolo a.C. Sulle scoscese pendici della Montagnola
erano, entro anfratti naturali, alcune sepolture.
Sulla vetta dei Montagnoli di Pecorini, cioè sulla montagna che domina
l'abitato omonimo, sulla costa meridionale dell'isola, si osserva un grande
masso con iscrizione greca.