Il tempo antico
I primi uomini si sono stabiliti
nelle isole di Lipari e Salina alcuni secoli prima del 4000
a.C. attratti dalla
straordinaria risorsa che era costituita, per quel tempo, dall'ossidiana,
il vetro nero eruttato dal Monte Pelato, il vulcano della estremità NE
di Lipari.
Questo vulcano si era spento da poco, dopo
un periodo di intensa attività alla quale sono dovute
le pomici oggi industrialmente sfruttate.
Quando l'uomo ancora
non conosceva la lavorazione dei metalli, l'ossidiana (che
si trova solo in pochi punti del
Mediterraneo)
costituiva il materiale più tagliente di cui si potesse
disporre ed era perciò ricercatissima. Da Lipari era esportata
in gran quantità verso la Sicilia e l'Italia Meridionale,
ma raggiungeva anche le coste della Liguria, della Provenza,
della Dalmazia.
Questo commercio portava all'isola una straordinaria
prosperità.
Si sviluppava quindi in essa un abitato
fra i più estesi
e popolosi che si conoscano per quell'età. Solo più di
mille anni dopo, intorno al 3000 a.C., quando il commercio dell'ossidiana
era al suo apogeo, incominciarono ad essere abitate anche le
isole minori dell'arcipelago eoliano.
In questo lungo periodo,
durato più di
un millennio e mezzo, alle prime genti provenienti dalla
Sicilia, stanziatesi sui fertili
altipiani che ben si prestavano all'agricoltura e alla pastorizia,
se ne sostituirono altre, venute da lontano, (si suppone dalla
coste transadriatiche) per impadronirsi di questa eccezionale
fonte di ricchezza.
Queste nuove genti si insediarono su quella
vera fortezza naturale, dominante i migliori approdi dell'isola
di Lipari, che è l'attuale
Castello e solo in periodi pacifici l'abitato principale potè spostarsi
nella piana sottostante, ove è la città moderna.
La
lunga evoluzione della civiltà di
queste genti ha potuto essere riconosciuta con grande evidenza,
nelle sue diversi fasi,
attraverso gli scavi archeologici svoltisi a partire dal 1948.
Questi
scavi hanno trovato condizioni eccezionalmente favorevoli
grazie ad un fenomeno particolarissimo a cui è soggetta
la zona in cui essi si sono svolti e cioè al rapidissimo
accrescimento del livello del terreno, dovuto al trasporto di polvere
ad opera del vento che spazza i sovrastanti altipiani. Si è formato
così, sull'alto della rocca del Castello e nella piana sottostante,
un deposito archeologico, alto più di nove metri, che conserva,
regolarmente stratificate le une sulle altre, le testimonianze
di tutte le civiltà che nel corso dei millenni vi si sono
succedute.
Dopo alcuni secoli di forte recessione economica
e demografica (II metà del III millennio a.C.) le
Isole Eolie hanno avuto un altro periodo di rigogliosissima
fioritura
quando in esse si
sono stanziate nuove genti, provenienti questa volta dalla
Grecia continentale. Possiamo riconoscere in esse quegli
Eoli di cui le
isole conservano il nome dopo quattro millenni.
A questi Eolie
si riferiscono le più antiche leggende di
cui la civiltà greca abbia conservato memoria. Questo
ciclo di leggende trova una eco dell'Odissea di Omero, nell'episodio
di Eolo, il re giusto e ospitale, che abita nell'isola circondata
da un muro di bronzo, inespugnabile (il Castello di Lipari ?),
e che accoglie il ramingo Ulisse concedendogli l'otre dei venti
che avrebbero dovuto favorire il suo ritorno in patria.
Sorgono allora (poco dopo il 2000 a.C., in tutte le isole, grandi
e popolosi insediamenti di capanne di un tipo del tutto nuovo,
tondeggianti, circondate all'intorno da un muro ben costruito in
pietre e fango.
Oltre a nuove forme ceramiche, ad uno stile
nuovo della loro decorazione, questi nuovi arrivati portano con
se anche le loro progredite conoscenze
della metallotecnica. Ha inizio con essi l'età del bronzo
nei nostri paesi occidentali.
Testimonianze degli insediamenti di
queste genti transmarine sono state trovate pressochè in tutte le isole, salvo Vulcano
resa inabitabile dalla intensa attività del suo cratere.
Particolarmente estesi ed importanti quelli di Capo Graziano di
Filicudi (da cui la civiltà di questo periodo prende
il nome) e del Castello di Lipari.
La cultura di Capo Graziano
si svolge attraverso tutta la prima metà del II
millennio a.C.
I contatti con l'Egeo forse non si sono mai
interrotti, ma si intensificano a partire dal 1550 circa a.C.,
quando in Grecia si è ormai
affermata la civiltà micenea e le eleganti ceramiche dipinte
da essa prodotte diventano una merce di esportazione apprezzatissima
dalle popolazioni indigene dei nostri paesi.
In tutti gli insediamenti
di questa età delle Eolie sono
stati trovati numerosi frammenti di questa ceramica. Essi attestano
regolari commerci, che si svolgeranno ininterrotti per più di
cinque secoli.
Ma apporto di eccezionale interesse della
civiltà micenea
nell'isola di Lipari è la piccolo stufa (tholos) termale
di S. Calogero costruita ad imitazione delle grandi tombe principesche
della stessa Micene.
Alle popolazioni di stirpe eolica si sostituiscono
intorno al 1430 a.C. nuove genti, provenienti invece dalle vicine
coste della
Sicilia, portatrici di una cultura del tutto nuova, che prende
il nome dal grande villaggio del Capo Milazzese dell'isola di Panarea.
Della stessa età sono gli insediamenti di Salina, mentre
sul Castello di Lipari le capanne si sovrappongono a quelle dell'età precedente,
delle quali conservano il tipo. Continuano intensi i rapporti con
la Grecia micenea, a cui si aggiungono scambi con la penisola italiana
(ceramica "appenninica").
Verso il 1270 a.C. nelle isole
(o meglio nella sola Lipari, perchè le
altre restano da questo momento deserte) si insediano genti
ausonie, provenienti dalle coste campane, anch'esse ricordate
dalle antiche
leggende.
Un'altro strato di distruzione sul Castello di Lipari attesta
l'invasione da parte di altre genti forse di uguale origine, prima
del 1100 a.C..
All'Ausonio I si sostituisce quindi un Ausonio
II, corrispondente ad un altro periodo di grande prosperità,
che lascia tracce cospicue sul Castello di Lipari. Ai commerci
con l'Egeo, che vengono meno a causa delle crisi che travagliano
il mondo miceneo, si sostituiscono quelli con la Sardegna nuragica.
L'Ausonio II dura poco più di due secoli.
Intorno al 900 a.C. il floridissimo insediamento
di Lipari viene radicalmente distrutto e per più di tre
secoli il Castello, ma forse l'intera isola, restano deserti.
Nella
seconda metà dell'VIII secolo
a.C. inizia il fenomeno della colonizzazione greca dell'Italia
meridionale e della Sicilia.
Vengono fondate Naxos, Siracusa, Catana, Leontinoi, Megara
Hyblaea, Zankle-Messana, Rhegion, ecc.
Lipari è, in
ordine di tempo, una delle ultime colonie. Nella 50^
olimpiade (580 - 576 a.C.) un gruppo
di Cnidii della
Grecia asiatica, guidati da Pentathlos della stirpe degli Heraklidi,
tenta di fondare una colonia a Lilibeo, l'attuale Marsala,
ma incontra la decisa opposizione degli Elimi di Segesta protetti
dai Cartaginesi.
Lo stesso Pentathlos muore in battaglia. I
superstiti ripiegano allora su Lipari, dove sono accolti
dai pochi abitanti, che si
dicevano discendenti di Eolo, e che vivevano sotto il terrore
delle incursioni degli Etruschi, cacciatori di schiavi. E gli
Etruschi si oppongono allo stanziamento dei Greci nelle Eolie,
che considerano
troppo importanti per il controllo del basso Tirreno e dello
Stretto.
Ha così inizio una guerra che continuerà, con alterne
vicende, per più di un secolo.
Agli inizi del V secolo
gli Etruschi arrivano ad impossessarsi di Lipari, sacrificando
sull'altare di Apollo
Theudotos, il più forte
dei difensori. Ma Lipari riesce a liberarsi e in ringraziamento
della vittoria dedica uno splendido ex voto nel santuario di
Apollo a Delfi: venti statue bronzee di Apollo, che si aggiungono
ad altre
dedicate in precedenza. La battaglia navale di Cuma del 474
a.C., con cui la flotta siracusana di Ierone annientava la
potenza marittima
degli Etruschi, poneva fine alla minaccia che incombeva sulla
Lipari enidia.
Incomincia per Lipari un periodo di grande
prosperità,
di cui sono testimonianza per noi i ricchi corredi delle sue
necropoli. Da questo momento anche le isole minori incominciano
a ripopolarsi.
Lipari è alleata con Siracusa al tempo delle spedizioni
ateniesi in Sicilia (427-426 e 416-413 a.C.) e resiste alle aggressioni
degli Ateniesi e dei Regini. Nella prima metà del IV secolo
le sue navi controllano lo stretto e nel 396 catturano la nave
romana che portava al santuario di Apollo a Delfi il cratere d'oro
decima della presa di Veio. Ma quando l'arconte Timasiteo apprende
la sacralità della missione la nave viene rilasciata e scortata
fino a Delfi. Come alleata di Siracusa, Lipari resiste all'aggressione
dei Cartaginesi di Imilcone e si libera pagando un forte riscatto.
Ma
nel 304 a.C. le navi di Agatocle, tiranno di Siracusa, aggrediscono
a tradimento l'alleata Lipari, e la saccheggiano portando via
i preziosi ex voto dei santuari di Eolo e di Efesto. Ma Eolo irato
si vendica scatenando una tempesta che fa affondare le navi che
trasportavano il bottino.
Conseguenze dell'aggressione di Agatocle è il
passaggio di Lipari dall'alleanza con Siracusa a quella con Cartagine,
l'eterna
nemica di Siracusa.
Durante la prima guerra punica fra Roma e
Cartagine Lipari è dunque
una base avanzata di Cartagine e invano i Romani tentano a più riprese
di impadronirsene. Ma dopo la vittoria navale di Caio Duilio
contro i Cartaginesi nelle acque fra Lipari e Milazzo la potenza
marittima
di Cartagine declina. Nel 252/51 a.C. i Romani, dopo un lungo
assedio, conquistano Lipari e la distruggono con inumane stragi.
La
conquista romana segna la fine della prosperità di Lipari,
che si riduce ad un'insignificante e misera città di
provincia, quale ce la descrive Cicerone.
Nei due secoli fra
la fine delle guerre con gli Etruschi e la distruzione
romana Lipari era stata una città indipendente,
piccolo, ma di elevato livello economico.
Della sua arte e dei
suoi artigianati ci resta solo ciò che
ha potuto resistere al tempo, soprattutto ceramiche dipinte
e terracotte figurate (oltre a qualche scultura, molte iscrizioni
funerarie,
oggetti di bronzo, monete, ecc.).
Sono stati trovati come corredo delle tombe della
vasta necropoli numerosissimi pregevoli crateri e altri vasi figurati,
in parte
importati (prima da Atene, poi dalla Sicilia o dalla Campania),
ma in parte prodotti localmente.
Locale è la singolare ceramica dipinta policroma, sviluppatasi
nella prima metà del III secolo a.C., della quale è massimo
esponente il "Pittore di Lipari". Fra le terracotte figurate,
oltre a quelle di argomento sacrale, connesse al culto delle maggiori
divinità, sopratutto di Demetra e Kore (peraltro con tipi
particolari ed insoliti), sono numerosissime (più di
un migliaio) quelle di argomento teatrale: modelli di maschere
della
tragedia, del dramma satiresco e della commedia, statuette
comiche o satiresche.
Esse sono in rapporto col culto (diffusissimo a
Lipari) di Dionisio, dio del vino e dell'ebbrezza, ma anche del
teatro, che assicurava
le beatitudini ultraterrene a coloro che erano iniziati ai suoi
misteri.
Le maschere in particolare riproducono fedelmente
quelle create dai massimi tragediografi (Sofocle, Euripide) o commediografi
(Aristofane,
Menandro) per le loro opere presentate sulle scene del teatro
di
Atene.
Una classe del tutto particolare è costituita
dai ritratti degli uomini illustri (Omero, Socrate, Euripide,
Menandro, ecc.).
La distruzione romana del
252/251 a.C. pone fine a questa splendida fioritura di civiltà.